Ssssshhhhhh! Il silenzio è d’oro!!!!


Chi conosce Follett sa che a lui piace scrivere per se, ma non solo, su argomenti che sono sia di suo interesse diretto ma che, alle volte, vengono suggeriti dai fatti che lo circondano o dai commenti di amici e conoscenti.

Questo argomento, differentemente dal solito, ha un respiro parzialmente autobiografico e prende lo spunto dal modo in cui ha affrontato la sua esperienza di vita nel suo passato.

Un modo che gli ha consentito di imparare e capire meglio il presente, a cogliere ciò che vive tutto intorno a noi ma soprattutto ha aiutato a capire il senso della vita che ci aspetta.

Il silenzio.

Quello del silenzio è un concetto che può prestarsi ad essere male interpretato o, peggio, interpretato in modo distorto ma è sicuramente uno dei concetti fondamentali della nostra vita e tradizione: lo è appena nati, lo è da ragazzi e, ritengo, lo sia soprattutto da adulti. Da persone cioè che, qualunque sia lo stato in cui si trovano, danno alla introspezione, alla riflessione ed all’autoanalisi  la priorità volta a determinare, dentro di noi, ogni aspetto che riteniamo di dover modificare, sia esso marginale che sostanziale:

Ciascuno di noi prima di diventare adulto, ha vissuto l’obbligo del silenzio come una privazione o, peggio, un limite incomprensibile, almeno per come si è abituati invece nella vita di tutti i giorni.

La parola silenzio è subito associata alla non espressione verbale, alla non comunicazione ed alla incapacità di capire o percepire i pensieri per i quali è, per i più, necessario ascoltare per giudicare.

Per alcuni il silenzio è la privazione stessa della vita, la negazione della parola, dell’espressione dei sentimenti:

  • è ciò che ti isola perché non ti formalizza;
  • è ciò che ti rende diverso dagli altri e dal tutto;
  • è ciò che ti rende insopportabile non comunicare;
  • e ciò che ti nega il libero arbitrio;
  • il silenzio esprime il panico che precede la non appartenenza, la privazione dell’io.

Tutti questi sono aspetti descritti in negativo ma che sono tipici delle persone che, incapaci di vivere secondo coscienza propria, riescono a farlo solo vivendo dell’apparenza e della superficialità, di parole ad effetto di cui non capiscono i significati, di necessità di usare la parola perché non sono capaci di ascoltare e quindi, tanto meno, di poter comunicare con la parola non verbale.

Per fortuna esistono anche numerosi aspetti positivi nell’accettazione dei canoni del silenzio. In questo senso il silenzio risulta essere la migliore manifestazione per esprimere la propria forza, la propria capacità di riflessione, per poter sempre affermare la propria autenticità e per combattere invece la non appartenenza alle correnti di pensiero narcisistiche dominanti.

Ma il silenzio è come una medaglia: ha due facce: il passato e il presente e mi permetto di esprimere ciò argomentandolo con la mia esperienza personale per rendere più vero ed umano il concetto.

Analizzando il passato c’è chi ha vissuto la fase più importante della propri adolescenza nell’assoluto silenzio, ed i questo senso gli esempi prima descritti sono puri esercizi della parola per dare agli accadimenti significati diversi e di comodo.

A queste persone il silenzio, invece, dà la capacità di capire chi si è e di ricercare con difficoltà, sacrificio e sofferenza la propria forza interiore.

Quella forza che dovrebbe aiutare a superare le difficoltà, che si sono incontrate e che si incontreranno, contro tutto e contro tutti… ed alle volte anche contro se stessi.

Il silenzio consente di individuare soprattutto le proprie insicurezze dando la possibilità, con sforzi immani, di trovare la strada della consapevolezza, di far scoprire il rispetto della propria persona contro la superficialità imperante, allora come adesso, che riteneva meritevole di spazio solo chi apparteneva, al branco, alla superficialità, ai modi di maniera: cioè appartenere a tutto tranne che a se stessi.

Da adulto, invece, il silenzio è la certezza di aver acquisito la consapevolezza, la sicurezza e il rispetto di se stessi. E’ il passaggio obbligatorio per potersi considerare uomo del e nel mondo, che rispetta gli altri, ma pretende lo stesso rispetto, con il proprio carattere, di  buoni costumi e, soprattutto, “libero” di intraprendere la propria strada per continuare a perseguire il miglioramento interiore.

Ultimamente ho sentito parlare molto spesso del silenzio sia con espressione dei propri che di altrui pensieri.

E’ come se, d’un colpo, tutti ne avessero percepito l’esistenza ne avessero capito la essenza più profonda e ne avessero inteso i suoi molteplici significati.

E’ come se, tutto ad un tratto, per usare un esempio sportivo, tutti volessero salire sul carro del vincitore pur non avendo mai partecipato alla gara.

Tutti conoscono il silenzio o perché vi sono stati costretti o per libera scelta. E tutti hanno avuto esperienza di cosa il silenzio rappresenti e di come possa venire usato.

Ma infine cosa è il silenzio, si può definirlo? Secondo me no…si può solo tentare di descriverlo:

  • Il silenzio è sordo quando usato come distacco dal mondo;
  • inconfessato quando ci si vergogna della sua presenza;
  • indagatore quando si agisce di soppiatto;
  • astuto quando si usa solo l’attenzione per sfruttare le debolezze altrui;
  • colpevole quando non ci si vuole assumere le proprie responsabilità;
  • ambiguo quando non si vuole prendere posizione  negativa o positiva che sia;
  • delusorio quando il mondo crolla addosso e non si ha la forza e la capacità di contrastarlo;
  • disincantato quando “tanto doveva andare così e quindi non c’è bisogno di commento”;
  • evocatore quando la mente lavora in una prospettiva temporale nel ricordo del passato e nella costruzione del futuro.

Ma il silenzio che a me piace di più considerare è quello “magico”.

E’ il silenzio che ci consente di avere sempre dentro di noi “il fanciullino” e che ci fa godere di tutto ciò che ci circonda con il sorriso sulle labbra.

E’ quello che ci fa godere del tramonto e dell’alba, degli sguardi e dell’esistenza delle persone che incontriamo, della consapevolezza che ciò che ci circonda è positività e che ci sprona sempre di più a porci verso gli altri così come vorremmo che gli altri si porgessero nei nostri confronti.

E’ quello che ci sprona ad essere curiosi, ad approfondire sempre la nostra storia, passata e presente, a non avere paura di conoscere ciò che non sappiamo e ciò che si perde nel passato, a voler sempre rispondere alle domande dei quiz quando non ne conosciamo la risposta.

E’ quello che ci aiuta a riflettere dentro il nostro animo e ci aiuta a dare retta alle nostre richieste più recondite, le curiosità più profonde, la necessità di capire veramente da dove veniamo, chi siamo, cosa rappresentiamo, dove siamo diretti e cosa è giusto per noi; quelle richieste alle quali non diamo mai importanza perché siamo sempre impegnati a ricercare il successo, il rispetto, l’esteriorità, l’apparire, il miglior modo di comunicare, l’essere considerati sempre e ad ogni costi “i migliori”.

Attraverso il silenzio ognuno di noi può studiare ciò che lo circonda nelle sue molteplici sfaccettature e comportamenti, studiarsi nel profondo attraverso gli atteggiamenti tenuti verso se stesso e gli altri, studiare gli altri nel modo in cui si comportano ed affrontano le prove che la vita mette loro di fronte ogni giorno.

Per queste ragioni il silenzio va usato in modo attivo, per tendere al proprio miglioramento ed approfondimento interiore, non per essere “migliore” degli altri, ma per essere “migliore” per se stessi e dentro se stessi, avere le capacità di capire e di porgersi, di approfondire e di spiegare sempre di più ciò che si vive partendo da ciò che non si conosce

In questo senso il silenzio è, quindi, la madre della consapevolezza.

Ognuno di noi deve essere, rispettare ed essere rispettato, avere la piena coscienza di sé e degli altri nel pieno rispetto di tutti.

Ma il silenzio è “magico” anche perché ci sprona sempre di più ad avere elevate capacità di analisi critica:

  • verso se stessi, nella tendenza a capire i propri limiti e, attraverso la meditazione silenziosa, a trovare la forza di cambiare i percorsi sbagliati usati
  • verso gli altri, capendo che, spesso, il comportamento degli altri è dovuto alla non conoscenza, alla non consapevolezza, alla timidezza, alla sfiducia e alle esperienze negative.

In questo modo questa capacità critica, magicamente, migliora i nostri percorsi di vita facendoci avere maggiore conoscenza di ciò che ci circonda, ci sprona a dare sempre di più e a concederci la certezza che l’esperienza e la vita umana è perfettibile in quanto indirizzata verso il miglioramento spirituale, culturale, sia personale che “altruistico”.

E’ proprio in questo senso che penso ciascuno debba lavorare e ritengo anche che sia necessario prendere l’impegno di continuare a farlo ancora per tutto il tempo che ad ognuno di noi è dato di esistere .

E’ bene continuare a farlo, in silenzio e con la consapevolezza che il proprio miglioramento interiore sia un percorso dolce, ma irto di difficoltà.

E’ bene continuare cercando di avere sempre degli obiettivi impegnativi da raggiungere e a cui arrivare attraverso l’impegno costante.

Obiettivi che consentano di migliorare costantemente e di guidare alla consapevolezza che ogni conquista nella vita, non sia semplicemente dovuta ma meritata perché conquistata con molto lavoro, competenza, dedizione, fiducia ma soprattutto fatica.

Ssshhhhhh….adesso basta…il silenzio è d’oro!!!!


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