ZORRO – De La Vega…ad Oristano!!!

Hanno due nomi non molto spagnoli anche se sono di origine neolatina come il loro più famoso mentore.

Si chiamano Vanna e Mario 72 anni lei e 83 anni lui in pensione ma pieni di brio e di voglia di lottare seriamente ma con il sorriso sulle labbra.

Che dire poi del fatto che Lui e Lei, genitori di otto figli, si vestano da Zorro incrociano il fioretto, indossano maschera e mantello e vanno a caccia delle ingiustizie, dell’impegno per risolvere i problemi della loro Oristano.

E come lo Zorro che si rispetti anche loro hanno il loro quadrupede di classe che è sempre presente: Camillo, il bassotto che vive con loro, che invece  non si traveste .

Ebbene come mai questi due signori sono diventati così famosi?

Mario è stato il primo firmatario della petizione popolare (quasi quattrocento nomi) che ha intimato al sindaco di trasferire i tralicci della telefonia mobile che stavano piantando nell’unica aiuola di via Liguria, centro di Oristano

Lui e Vanna fa parte dello squinternato esercito di Zorro che ogni tanto irrompe sul palcoscenico della città per protestare contro una pubblica decisione.

Chi di noi cinquantenni DOC non ha mai pensato, da ragazzo, almeno una volta, o addirittura lo ha fatto, di vestirsi come Zorro. Quello di Zorro è considerato un virus antico, un’epidemia che non si ferma.

Ha esordito nel 1983 quando c’è stato il primo raduno mondiale ad Oristano: ottocento mascherati in corteo ad aprire la più sacra delle giostre locali, la Sartiglia.

Zorro è un’idea del cervello creativamente sbalestrato di un artista (Filippo Martinez) che nel tempo ha contagiato molti. In strada, con maschera e spadino di plastica è sceso il professor Giulio Giorello (docente di Filosofia della Scienza a Milano e autorevole collaboratore del Corriere della Sera). Gianluca Nicoletti, severo critico radio-televisivo, ha fatto di peggio: è arrivato al raduno già travestito con moglie e due figli (travestiti pure loro).

Intervistato dalla Rai ha spiegato il senso di tutto questo:

“se l’Occidente ha deciso di annullarsi nel culto dell’apparire, a noi serve Zorro. L’eroe mascherato è quello che ci vuole per dare speranza a chi ancora non si rassegna al rifacimento sintetico della propria esistenza.

Zorro è lo sberleffo alla maestà degli scienziati della comunicazione perché si fida soltanto di un sordomuto. Zorro non ha le armi di distruzione di massa, ma combatte solo con la sua spada, non uccide ma lascia il segno.”

Per cui, come il Zorro più famoso, ha lasciato il segno: nella piazza principale della città con un video notturno sulla torre di Mariano: voleva far capire che sulla questione dei ripetitori telefonici non scherza e in tanti come lui, ci credono.

Anche perchè dice che: “…..Zorro non è uno, siamo tutti”.

Di recente hanno rilasciato una intervista ad un giornalista dell’Unione Sarda che ci piace riproporvi integralmente, anche perchè ogni commento è veramente superfluo.

“In cucina, davanti al camino dove il fuoco beffa l’inverno, spiega (meglio dire: spiegano. Due voci, quattro mani e una capanna) qual è la rotta di questo singolare movimento «che ti fa perdere l’identità appena ti cali la maschera sugli occhi: siamo tutti Zorro». Comprese le declinazioni e le varianti: zorrani sono genericamente i militanti, zorrate le assemblee, zorrhostess le gentili signorine dei convegni in maschera, buzorri quelli che nell’abbigliamento sbagliano sempre qualcosa.

Non vi vergognate?

«Di cosa?»

Di passare in strada, alla vostra età, vestiti da Zorro.

«Alla prima riunione siamo andati per curiosità. Quando abbiamo capito chi era Zorro e cosa voleva, ci siamo schierati.Vergogna di che?»

I figli, i nipoti, che ne pensano?

«Sono felici. I figli, poi, sono quasi tutti Zorri».

Ma Zorro è di destra o di sinistra?

«Io direi di destra. Vanna dice invece che potrebbe essere di sinistra. Comunque, la mania per Zorro non è politica e non ha partito. Ci capita spesso di avere idee contrarie però…»

…però l’amore è una cosa meravigliosa.

«Il nostro a intermittenza. Dura da 48 anni. Ma è come se fossimo uno solo».

Non ci sarà un pizzico di rimbambimento?

«Forse. Ma siamo contenti di essere zorrani. Ci ha coinvolto e stiamo vivendo una stagione bellissima. Una notte, prima di andare a letto,Vanna si è domandata a voce alta: sei stata una severa madre di famiglia e ora ti metti a fare la scema?Attimo di pausa e poi ha risposto: sì,sììì. Faccio la scema, facciamo gli scemi».

Cosa rappresenta Zorro?

«Molto. Prendete la guerra delle antenne telefoniche. Alla fine le hanno spostate, anche se di poco. Siamo andati tutti in Consiglio comunale a far sentire la voce della protesta».

In maschera?

«Certo. Eravamo una trentina di rompiscatole. Son rimasti a guardarci sbalorditi. E noi su e giù con le maschere seguendo un nostro personalissimo maestro del coro».

Ma chi è Zorro?

«Una specie di nuovo Robin Hood.

Solo che non ruba, manco ai ricchi. Fa giustizia, è dalla parte dei deboli. Aiuta a far valere le ragioni degli ultimi».

Il costume: l’avete comprato già confezionato?

«No.Abbiamo acquistato il tessuto e una sarta ha cucito le mantelle. Spade, maschere e cappelli li abbiamo presi in un negozio di giocattoli».

In un negozio di giocattoli avete provato se i cappelli vi stavano?

«Certo. Basta fare le cose senza farsi notare troppo».

* * *

Ivo Serafino Fenu, storico dell’arte:

«Zorro è al confine tra spasso collettivo e impegno civile. Di solito funziona, ha una sua efficacia. Dovessi vederlo nell’ottica dell’arte contemporanea, direi che siamo di fronte a un tipico esempio di situazionismo, arte che si crea e muore in funzione dell’evento.

Che lo ammettano o no, dietro c’è di certo una mente che dirige le operazioni.

Il fatto poi che Zorro appaia e ricompaia con un certo seguito, anche se non sempre consapevole, significa che ha anche un valore estetico».

Angela Nonnis, sindaco di Oristano:

«Sappiamo tutti chi era Zorro. Quello che gira per le nostre strade è uno Zorro moderno che vuole porre alcune tematiche di palpitante attualità. Non parlerei di giustiziere in senso stretto ma nemmeno di goliardata. Dev’esser chiaro però che Zorro è uno, tutti gli altri sono controfigure. Comunque, io tengo conto anche dei suoi suggerimenti».

* * *

In famiglia parlate di Zorro?

«La domenica,quando mettiamo insieme figli e nipoti, una ventina di persone a tavola,diventa spesso argomento di discussione. E siamo arrivati alla conclusione che bisogna esportarlo».

Come George W. Bush con la democrazia nel mondo?

«Questo non lo sappiamo. Ma è necessario che Zorro allarghi il suo raggio d’azione, che – per esempio – punisca a Cagliari quelli che hanno trasformato via Roma, salotto della città, in un garage all’aperto».

Come si fa a fare una segnalazione a Zorro?

«Basta dirlo a Filippo Martinez. Ci pensa lui a riferirglielo».

Siete stati mai convocati?

«Qualche settimana fa, io – in regolare divisa d’ordinanza – ho inaugurato su sua richiesta una mostra di artisti per Zorro. Mi è toccato tagliare il nastro. Vanna era molto divertita, io pure».

Cos’altro siete disposti a fare?

«Premesso che non offendiamo nessuno, che non facciamo male, che la nostra arma di distruzione di massa è la risata, siamo pronti a tutto. Che vuol dire scendere in piazza in qualunque momento per una buona causa».

A chi date fastidio?

«Ufficialmente a nessuno ma è ovvio che a qualche pezzo grosso gli zorristi danno fastidio. Anche la gente, mica è tutta solidale».

Nella guerra delle antenne lei e Vanna vi siete esposti.

«Immaginate quello che ci è accaduto.

Una mattina ci svegliamo e vediamo operai che, a velocità super, iniziano a scavare nell’unica aiuola della strada.

Riparassero con la stessa rapidità le fogne intasate, questa sarebbe Ginevra.

In un attimo hanno innalzato un recinto, in un attimo e mezzo siamo andati a chiedere che stavano facendo, in due attimi abbiamo occupato il cantiere».

Ed è arrivata la polizia.

«Ci hanno caricato, con molto rispetto però, perché in fondo eravamo padri di famiglia. A Vanna, verità per verità, non l’hanno neppure sfiorata perché ha detto al questore di non azzardarsi».

Si saranno spaventati, i poliziotti.

«No, di sicuro. Alla fine però se ne sono andati loro, mica noi».

Battaglia vinta.

«A metà. Hanno traslocato le antenne di trecento metri, vicino a un centro commerciale. Ma non è finita perché noi non le vogliamo neanche lì.Non pensate sia una guerra di vecchi, ci sono moltissimi giovani con noi. E intellettuali, cosa che ci rende particolarmente felici».

Perché?

«Grazie a loro possiamo portare Zorro in tutta la Sardegna e anche oltre.L’Italia, in caso di bisogno, deve sapere a chi potersi rivolgere».

Tutti Zorro ma nessuno è Zorro: come mai?

«Non ci serve un capufficio o un generale.

Basta un segretario, uno che riferisce al momento giusto alla persona giusta. Ma senza scomodare la politica o i partiti».

Non sarete qualunquisti in maschera?

«Può darsi. Resta il fatto che il nostro è un movimento spontaneo, pulito, fatto semplicemente di gente per bene che ogni tanto s’arrabbia».

Quali potrebbero essere le prossime missioni?

«Restando ad Oristano,ci sarebbe da occuparsi di tutto quello che non c’è più, delle industrie scomparse. Hanno creato il porto, e dietro il deserto.A chi serve? Stesso discorso per l’aeroporto di Fenosu: non ci atterrano manco le farfalle».

E se scendesse in campo? Vi piacerebbe Zorro onorevole?

«Non lo farà mai. Eppoi, è magico e coinvolgente finché resta così. In politica ci si guasta, a prescindere dalle buone intenzioni».

Zorro è un’altra cosa.

«Sì, ma alla fine si guasterebbe anche lui. Troppi pescicani nello stesso mare. Oggi, se devo parlargli, il segretario mi riceve in un attimo. Se diventa onorevole, capace che muoio in sala d’attesa».

E allora? Appuntamento alla prossima battaglia!



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