GANDHI – Un ricordo per un piccolo grande uomo

In tutta umiltà mi sforzerò

di essere buono, amante del vero, onesto e puro;

di non tenere con me niente di cui non ho bisogno;

di meritare, con il mio lavoro, il mio salario;

di stare sempre attento a quel che bevo e mangio;

di essere sempre coraggioso;

di rispettare le altre religioni proprio come la mia,

e di cercare di veder sempre del bene nel mio prossimo,

di seguire fedelmente lo swadeshi (1)

e di essere un fratello per tutti i miei fratelli.

(1) Lo Swadeshi fu il programma economico pensato e sviluppato da Gandhi, per una rinascita dell’India che promuovesse le singole comunità locali.

Questa poesia è stata scritta da Gandhi e lo “Swadeshi” altro non è che il nome dato al programma economico impostato a suo tempo da Gandhi.

Ideò il termine “Satyagraha” (conosciuto come “resistenza passiva” o meglio “non-violenza”) termine che da quel momento sarà usato come manifesto delle correnti politico-sociali tendenti ad ottenere visibilità e rispetto dei propri diritti.

Fu uno strenuo difensore della disobbedienza agli ordini imposti con la violenza, pur sottostando e caricandosi sulle spalle le estreme sanzioni. Questo atteggiamento ebbe i suoi frutti perchè nel 1914 alcuni balzelli iniqui furono aboliti e in vent’anni crollarono tutte le leggi sudafricane lesive della dignità degli Indiani.

Cinque anni dopo, nel 1919 divenne presidente del Congresso nazionale indiano ed assertore dell’indipendenza dell’India.

Applica in patria il satyagraha e dal 1922 al 1947 viene ripetutamente arrestato e regolarmente liberato, ogni volta, dopo poco tempo.

Nel 1933 inizia uno dei primi digiuni della storia con il quale riesce a ottenere dagli Inglesi riforme elettorali a favore degli “intoccabili”, la casta più bassa della società indiana.

Dopo un ennesimo arresto dovuto all’ultimatum inviato dal Congresso Indiano agli Inglesi per il loro ritiro dall’India e dopo l’ennesima liberazione partecipa alle trattative che porteranno alla proclamazione dell’India nell’isola di Dominion.

Nel febbraio del 1947 si avvera il sogno per cui aveva lottato tutta la vita: la libertà dell’India.

Subito dopo sorsero lotte fra musulmani e indù ma Gandhi riuscì a pacificare gli animi.

Il 30 gennaio del 1948, esattamente 60 anni fa, all’età di settantanove anni, Gandhi fu ucciso a colpi di pistola da un fanatico indù, tra la folla che gremiva un parco pubblico a Nuova Delhi, mentre si accingeva a recitare le preghiera della sera.

E da allora, in India, il nome Gandhi è diventato sinonimo di libertà ma anche di intolleranza essendo sempre stati uccisi da fanatici.

Figura fra le più luminose dei nostri tempi, Gandhi ha consacrato il suo nome alla storia per il suo ascetismo, la sua rettitudine, l’umanità della sua lotta che scevra da lutti e sangue si duttilizzava nel “ricatto eroico” dei digiuni: fu certo il più spontaneo interprete dello spirito indiano.

60 anni fa moriva Gandhi, esempio di forza, volontà e voglia di costruire un futuro per il suo popolo.

Il suo esempio e il suo pensiero ancora oggi è vivo e riveste una grande importanza ed è tanto vero che voglio riportarvi alcuni brevi stralci del suo pensiero tramandati in un suo scritto: “che cosa intendo per non-violenzadal quale dovremo prendere degli spunti per riflettere su quanto sia stato importante allora la sua lotta e come questi spunti siano di grande attualità nella società di oggi e al’interno anche della nostra istituzione:

“Non violenza e codardia si accompagnano male. Posso immaginare un uomo armato fino ai denti che sia, in cuor suo, un codardo. Il possesso di armi implica un elemento di paura, se non di vigliaccheria. La vera non-violenza è invece impossibile ove non si possegga un indomito coraggio”.

“La non-violenza non deve mai essere usata a mo’ di scudo per la codardia. Essa è un’arma per il valoroso. Non scorgo né eroismo né sacrificio nel distruggere vite o proprietà, per offesa o per difesa”.

“La prova del nove della non-violenza è che, in un conflitto non-violento, non vi sono strascichi di rancore e, alla fine, i nemici si tramutano in amici. …

Gandhi, come ho detto, inventò la Satyagrahha. E a questo punto è bene capire cosa sia solo dalle sue parole:

“La verità (satya) implica amore, e la fermezza (agraha) genera la forza. Perciò ho preso a chiamare satyagraha il movimento per l’indipendenza dell’India. Vale a dire: una forza che nasce dalla verità, dall’amore, dalla non-violenza”.

Credo fermamente che, laddove non ci sia da scegliere che tra codardia e violenza, si debba consigliare la violenza.

“Però credo fermamente che la non-violenza sia mille volte superiore alla violenza, che il perdono sia più virile del castigo.

“Non-violenza, nella sua condizione dinamica, significa cosciente sofferenza. Non significa mite sottomissione alla volontà dei malvagi, ma comporta l’impegno di tutta l’anima a opporsi alla volontà del tiranno.

Operando in nome di questa legge interiore, risulta impossibile per un singolo individuo sfidare tutto il potere di un ingiusto impero per salvare il proprio onore, la propria religione, la propria anima la propria convinzione e adoperarsi per la caduta di quell’impero o per la sua rigenerazione.

Dunque, non chiedo al singolo di praticare la non-violenza perché è debole. voglio che tutti la pratichino essendo ben consci della sua propria forza, del suo proprio potere.

Nessun addestramento alle armi è necessario per dispiegare questa forza. Si può credere di averne bisogno perché si pensa di essere soltanto un corpo inerte. Voglio che l’India si renda conto di avere un’anima che non può perire, ma che è capace di elevarsi trionfalmente al di sopra di ogni debolezza fisica e di sfidare il mondo intero”.

“Frattanto sollecito coloro che non si fidano di me a non disturbare il pacifico andamento della lotta appena cominciata, incitando alla violenza perché convinti che io desideri la violenza. Detesto i sotterfugi, l’insincerità. Si dia modo a questa gente di metter alla prova la non collaborazione non-violenta, e ci si accorgerà che io non ho e non ho mai avuto riserve mentali di sorta.

Per finire…..” La non-violenza è la più grande forza a disposizione del genere umano.

È più potente della più micidiale arma che l’ingegno umano possa inventare.

Dobbiamo fare della verità e della non-violenza non materia di pratica individuale bensì di gruppi, di comunità.

Questo è comunque il mio sogno.

La fede mi aiuta a scoprire ogni giorno nuove verità”


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