LE SALINE CONTI-VECCHI

Ottant’anni fa entrava in produzione la salina di Macchiareddu, pochi chilometri da Cagliari sulla strada che porta verso occidente. Era stato Luigi Conti -Vecchi, agli inizi del Novecento direttore generale delle Ferrovie Reali della Sardegna, a progettare un destino industriale sullo stagno dove vivevano e vivono i fenicotteri e altre settanta specie di uccelli.
Uno dei luoghi al mondo più ricchi dal punto di vista ornitologico e naturalistico. Fu lui, settantenne con i gradi di generale guadagnati sul campo, a proporre dopo la Grande Guerra un progetto di bonifica e valorizzazione industriale per quella salina e quegli specchi d’acqua così affascinanti soprattutto al tramonto, quando, affacciato dalla sua finestra di direttore delle Ferrovie, poteva apprezzare quelle meraviglie ambientali. E ora Enrico Pinna, uno studioso cagliaritano appassionato di fotografia e di storia, ricostruisce tutta le vicenda delle saline, entrate in produzione nel 1930 e ancora oggi attive ed essenziali nel ciclo del cloro – soda dello stabilimento Syndial – Eni di Macchiareddu. Cinquantasette anni, fotografo naturalista e documentarista, Pinna ha già realizzato tre libri sullo stagno. Puntando l’obiettivo sui fenicotteri, si è appassionato a conoscere le vicende della raccolta del sale, «uno spettacolo -dice - che evoca il sapore arcaico e contadino della mietitura e della trebbiatura del grano». Con un lavoro certosino, attraverso gli archivi dell’Associazione degli Industriali ma soprattutto attraverso il sostegno degli eredi dei fondatori e di centinaia di ex dipendenti delle Saline Conti – Vecchi, ha prodotto un’interessante antologia di foto e documenti. Il risultato del suo lavoro, fatto di immagini, riproduzione di progetti spesso inediti, è un libro, Saline & Villaggio Conti – Vecchi (Macchiareddu – Assemini), Tellus edizioni, in vendita in libreria al costo di 35 euro. Amante della natura e dell’economia bio sostenibile, Pinna ha arricchito il suo testo con un saggio di Alceo Vado, uno dei maggiori esperti di pianificazione e architettura in terra cruda. Era stato infatti costruito in ladiri, come si chiama in sardo la terra cruda, gran parte di quel Villaggio di Macchiareddu, oggi scomparso ma ottimamente ricostruito nelle foto d’epoca presenti nel libro. Quel Villaggio, paragonabile per complessità e modernità a una città di fondazione, è arrivato a ospitare a metà del Novecento le famiglie di ben cinquecento lavoratori stabili delle Saline, ai quali andavano aggiunti un migliaio di stagionali nel periodo della raccolta. Soltanto le miniere avevano un numero di dipendenti superiore.
Di quella folla di lavoratori oggi rimangono appena 40 dipendenti fissi, più un’ottantina nell’indotto, ai quali vanno aggiunti, ovviamente, gli stagionali nel periodo di raccolta del sale. Anche da questi numeri si può comunque intuire quale importante ruolo abbiano ricoperto e ricoprano nell’economia del Cagliaritano quelle saline fra Assemini e Capoterra, con propaggini verso Uta. Cagliari era una città industriale, e lo stagno di Santa Gilla una delle aree più utilizzate. Enrico Pinna si ripromette di approfondire la questione con nuovi lavori sulla Cementeria, gli impianti Montecatini poi utilizzati per la città mercato, la Centrale termoelettrica che andava a carbone Sulcis, la Cir ceramiche poi assorbita da Sanac, la Vinalcool, che utilizzava addirittura tre navi per esportare i suoi vini.
Cagliari nei primi decenni del Novecento era una città vivace nella quale Luigi Conti – Vecchi giocò un ruolo di punta spianando la strada a quelle Saline entrate in produzione, ironia della sorte, dopo la morte del fondatore, al quale subentrò il figlio Guido, che mantenne fede alle scelte del padre costruendo impianti all’avanguardia, simili a quelli francesi della Camargue, e costruendo un villaggio avanzatissimo anche socialmente.
C’erano l’asilo, le scuole, il medico due volte la settimana, le case degli operai avevano il bagno in casa, fatto rarissimo allora in Italia, i contratti di lavoro venivano rispettati, e in pieno fascismo, nel ’37, una vertenza fra carriolanti e Conti – Vecchi vide questi ultimi cedere alle ragioni dei dipendenti. «Con i Conti - Vecchi il clima sociale era di buona convivenza, uno po’ paternalistico ma molto civile. La differenza – spiega Enrico Pinna – si poté comprendere negli anni Cinquanta, quando arrivò alla testa della società Luigi Galimberti, sposato con una delle nipoti dei Conti – Vecchi. Con lui finisce la gestione sullo stile azienda-famiglia e viene avviata con insolita durezza una ristrutturazione che dimezza il numero dei lavoratori e porta ad aspri contrasti con i sindacati, testimoniati da numerosi articoli apparsi sull’Unità e sull’Unione Sarda».
I Galimberti insistono nella linea dura e negli anni Sessanta mettono fine al Villaggio di Macchiareddu, che si spopola e le cui case di terra cruda vanno rapidamente in rovina. Nel 1988 ciò che resta delle case operaie viene demolito.
Sullo stagno era intanto sbarcato Nino Rovelli, proprietario di Rumianca e Sir, ottimo cliente delle saline ma ostile a Galimberti perché all’imprenditore petrolchimico, come all’Associazione degli Industriali di Cagliari, interessa la nascita del porto canale, osteggiato da Galimberti, sempre più isolato, sempre più duro. Dopo l’introduzione dello Statuto dei lavoratori e mentre cresce lspinta per la realizzazione del porto canale lo scontro fra Galimberti e i lavoratori si fa sempre più duro. I primi anni settanta sono caratterizzati da proteste e scioperi. Nel 1972 la raccolta del sale non termina a ottobre, come consuetudine, ma quattro mesi dopo, nel febbraio del 1973.
E i proprietari sono sempre più invisi anche agli imprenditori e politici cagliaritani, che attribuiscono agli eredi dei Conti – Vecchi dieci anni di ritardo nel decollo del porto canale.
Nonostante le crisi le saline restano tuttavia in piedi, anche perché la materia prima, acqua di mare, e le fonti energetiche, sole e vento, sono completamente gratuite.
Sopravviveranno anche alla fine ingloriosa di Nino Rovelli, che nel 1974 aveva acquisito le saline al patrimonio Rumianca, insieme al quale la fabbrica del sale passa nel 1984 all’Eni che, tramite la Syndial, gestisce ancora oggi l’impianto voluto da Luigi Conti – Vecchi.
Le saline continuano insomma a produrre, anche per l’industria alimentare, alla quale forniscono un prodotto di alta qualità, utilizzato già 80 anni fa in Canada e Finlandia per conservare salmoni e merluzzo, ancora oggi molto ricercato sulle tavole italiane e spagnole. E i risultati non mancano, se si pensa che in media si raccolgono ogni anno 370 mila tonnellate di sale.


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